Ma cosa paga il cliente?

Il nostro Paese è ben noto in Europa per la grande forza contrattuale dei suoi distributori rispetto alle società di gestione. Non a caso è il Paese in cui il livello di commissioni pagato al distributore è tra i più alti rintracciabili tra i Paesi membri. La Mifid aveva cercato di riequilibrare il rapporto tra società prodotto e distributori affermando che il collocatore dovesse sì, essere remunerato, ma dal cliente finale. Nel rispetto della disciplina in materia di conflitti di interesse e inducements, sono state comunque individuate ed applicate best practice che hanno permesso di mantenere per lo più inalterati gli “equilibri” esistenti e hanno dunque consentito ai distributori di continuare a essere remunerati dalle società prodotto anche in via continuativa, fino al riscatto dello strumento finanziario originariamente venduto. Unico dictat, prestare (e dimostrare di prestare) a favore del cliente attività aggiuntive e, ai fini delle commissioni di mantenimento, a carattere continuativo, che po- tessero giustificare tale remunerazione.
Con la Mifid II il legislatore europeo torna a interessarsi della relazione tra produttore e distributore. A dir la verità è proprio su questa relazione che insistono molti dei principi e delle disposizioni contenute nella nuova disciplina, tanto da far presagire che a partire da gennaio 2018, il mercato dell’asset management svelerà nuove tendenze e modelli di business.

La nuova disciplina, conferma la convinzione che il distributore debba essere pagato dal cliente. Nulla di innaturale, anzi: in un servizio di investimento, incluso il collocamento, il cliente è il mandante e l’intermediario è il prestatore ed è dunque naturale che il primo paghi il secondo per il servizio reso. In tale relazione la remunerazione che il prestatore riceve da un terzo diverso dal cliente rappresenta una remunerazione indiretta che potrebbe determinare una divergenza di interessi tra prestatore e cliente. Circostanza, quest’ultima, che richiede l’intervento del legislatore a fini di tutela dei risparmiatori.

La disciplina complessiva della Mifid II non esclude di per sé che società prodotto e collocatore concordino tra loro una remunerazione a favore di quest’ultimo. In caso di remunerazione del collocatore da parte della società prodotto, torna la necessità di verificare che tale compenso sia tale da non pregiudicare il dovere del distributore di agire in modo onesto, equo e professionale, nel migliore interesse del cliente e sia di- mostrabile che l’attività prestata sia tale da “accrescere la qualità del servizio offerto al cliente”.

Potranno essere considerati servizi aggiuntivi o di livello superiore, concepiti per migliorare la qualità del servizio prestato al cliente

a) la prestazione di consulenza in materia di investimenti non indipendente e l’accesso a una vasta gamma di strumenti finanziari adeguati;
b) la prestazione di consulenza non indipendente in materia di investimenti in combinazione o con l’offerta al cliente, almeno su base annuale, di valutare il persistere dell’adeguatezza degli strumenti finanziari in cui il cliente ha investito;
c) l’accesso, ad un prezzo competitivo, a una vasta gamma di strumenti finanziari che possano soddisfare le esigenze dei clienti, compreso un numero adeguato di strumenti di fornitori terzi di prodotti non aventi legami stretti con l’impresa di investimento.

L’esistenza di tali condizioni dovrà essere dimostrabile, ovvero, sul piano pratico, le società di gestione dovranno verificare che tali circostanze ricorrano prima del conferimento dell’incarico di collocamento. Sul fronte dei distributori, si prospetta almeno la necessità di definire il modello operativo che si intende adottare alla luce del nuovo contesto normativo e il set informativo che, rispetto a ciascuna “opzione” saranno in grado di fornire ai gestori.

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