Il dilemma della ricerca

Volenti o nolenti si continua a parlare di Mifid II. Nella convulsa trasposizione della nuova disciplina comunitaria un primo punto di ampia discussione è stato rappresentato dalla necessità di includere o meno i gestori di fondi.

A livello normativo, in sede di individuazione soggettiva dei destinatari delle nuove norme, è stato fin dall’inizio evidente che le SGR ne fossero escluse. È poi intervenuto l’invito dell’ESMA, rivolto alle autorità di vigilanza nazionali, a far si che la circostanza che alcuni asset manager pos- sano prestare anche servizi di investimento (dunque, materia Mifid II) non determini discriminazioni nell’applicazione della nuova disciplina: in sintesi, il legislatore europeo non può intervenire sui gestori, ma quello nazionale si. E difatti la bozza del nuovo Regolamento Intermediari ha accolto tale invito estendendo alle SGR, nella prestazione dei servizi di investimento, le nuove regole Mifid II, con poche eccezioni.

Ad esito di tale processo nuovi dubbi sono apparsi all’orizzonte in relazione alle modalità con cui definire una linea di demarcazione tra le disposizioni Mifid II, che appunto trovano applicazione solo con riferimento ai servizi di investimento (definizione che non include la gestione collettiva), e le disposizioni che continuano a persistere in materia di gestione collettiva. Inizialmente qualcuno avrà anche sospirato che il problema apparisse più teorico che pratico (una delle tante avventure interpretative che inizialmente “affascinano” solo gli advisor regolamentari e poi finiscono per coinvolgere anche i relativi clienti). Il quesito interessa soprattutto un ambito, già foriero, per altri motivi, di decisioni strategiche ed importanti per gli intermediari: la ricerca in materia di investimenti.

Con la Mifid II il legislatore europeo dedica un’attenzione particolare a tale argomento consapevole che, fino ad oggi, a contribuire al costo complessivo di alcuni servizi – in particolare quello di gestione di portafogli – vi siano anche i costi di negoziazione inclusivi, frequentemente, dei costi per l’acquisto di ricerca.

Tale ricerca è dunque addebitata al cliente pur beneficiandone solo indirettamente: è infatti il gestore che ne fa un uso diretto a supporto delle proprie decisioni di investimento. Nella nuova disciplina la ricerca è ammissibile se

i) pagata direttamente dal gestore o

ii) se addebitata al cliente nel rispetto delle nuove disposizioni in materia di research payment account che, tra l’altro, presuppongono la definizione puntuale della ricerca che, per contenuto e caratteristiche, può essere addebitata al cliente.

Si immagini ora la situazione della SGR che presta simultaneamente il servizio di gestione collettiva e quello di gestione di portafogli. Come potrà gestire dal prossimo gennaio la ricerca acquistata dal negoziatore? A parere di chi scrive, nell’attuale fase di adeguamento, è necessario mappare la ricerca normalmente acquistata e definire se essa è utilizzata solo con riferimento a uno dei due servizi o in maniera trasversale. In questo ultimo caso dovrà poi individuarsi un parametro (ragionevole e sostenibile) per definire del complessivo quanta parte si ritiene di poter ricondurre a l’uno o all’altro servizio. Con riferimento al servizio di gestione di portafogli, bisognerà confermarsi alle regole Mifid II, e con riferimento al servizio di gestione collettiva? Restano valide le regole tuttora applicate.
Il costo di negoziazione, complessivo dei costi di ricerca, continuerà a poter essere addebitato al patrimonio dei fondi, seppur è consigliabile, nel nuovo contesto normativo che andrà a definirsi da gennaio e per ragioni di trasparenza, meglio palesare tale circostanza nei regolamenti di gestione.

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